domenica 3 giugno 2012

Abolizione della società Feral Faun

Abolizione della società
Feral Faun



Niente di quello che sappiamo può essere preso per vero. Nessuno dei nostri concetti del mondo è sacro e faremo bene a metterli tutti in questione. Molti anarchici parlano di creare una "nuova" o "libera" società. Solo pochi mettono in questione l'idea stessa di società. Il suo concetto è amorfo, è dunque più difficile analizzarne gli aspetti particolari, come il governo, la religione, il capitalismo o la tecnologia. Questo concetto è così radicato in noi che metterlo in questione sembra minacciare la nostra stessa natura, cosa che ne rende ancora più necessaria la messa in questione.
Liberarci dell'armatura caratteriale che reprime i nostri desideri, le nostre passioni, potrebbe richiedere non semplicemente la trasformazione della società, ma la sua abolizione.
I dizionari definiscono la società come singola entità composta da individui che sono nella condizione più o meno di dipendenza l'uno dall'altro, cioè che non sono completamente se stessi. Io vedo la società come sistema di rapporti tra esseri che vengono trattati e agiscono interpretando ruoli sociali, con lo scopo di riprodurre sia il sistema che loro stessi in quanto individui sociali.
La dipendenza di individui sociali non è la stessa cosa della dipendenza biologica dei neonati. Quest'ultima finisce quando il bambino raggiunge un'adeguata mobilità e una buona coordinazione tra mano e occhi, più o meno verso i cinque anni. Ma in questo periodo i rapporti sociali della famiglia reprimono i desideri del bambino, instaurano la paura del mondo e così sommergono la sua potenzialità di sviluppo in senso libero e creativo sotto strati di armature che compongono l'individuo sociale, sotto dipendenze psichiche che ci fanno aggrappare l'un l'altro nel momento stesso in cui ci disprezziamo reciprocamente. Tutti i rapporti sociali hanno il proprio fondamento nell'incompletezza prodotta dalla repressione delle passioni e dei desideri. La loro base è il nostro bisogno dell'altro, non il nostro desiderio dell'altro. Ci utilizziamo reciprocamente. Dunque ogni rapporto sociale è un rapporto del tipo: datore di lavoro/impiegato, da cui derivano piccoli attacchi scherzosi, litigi veri e propri, scontri feroci. Com'è possibile non disprezzare chi utilizziamo e odiare chi ci utilizza?
La società non può esistere al di fuori dei ruoli sociali, perché la famiglia e l'educazione sono componenti cardine della società. L'individuo sociale non svolge un unico ruolo sociale, ma modella insieme diversi ruoli, i quali creano l'armatura caratteriale che viene definita erroneamente "individualità".
I ruoli sociali sono modelli in base ai quali gli individui vengono definiti dall'interno del sistema di rapporti che costituisce la società, e ciò allo scopo di riprodurre questi rapporti. I ruoli rendono gli individui utili alla società, facendoli diventare prevedibili, definendo la loro attività in termini di bisogni della società. I ruoli sociali sono lavoro, nel senso di un'attività che riproduce il ciclo produzione-consumo. La società è quindi il mezzo di addomesticamento degli esseri umani, trasformazione di esseri potenzialmente creativi, giocosi, selvaggi, di esseri capaci di rapportarsi liberamente secondo i propri desideri, in esseri deformati che si utilizzano a vicenda, cercando di fronteggiare bisogni disperati, ma riuscendo solo a riprodurre il bisogno e il sistema di rapporti basato su di esso.
Contro ogni prigionia, fosse pure nell'interesse del bene universale, fosse pure nel giardino di pietre preziose di Montezuma. (André Breton)

Gli individui liberi non hanno alcun interesse a rapportarsi attraverso ruoli sociali, i rapporti prevedibili e predeterminati ci annoiano e non abbiamo alcun desiderio di continuare a riprodurli. È vero che offrono un po' di sicurezza, stabilità e calore (tiepido), ma a quale prezzo! Piuttosto, vogliamo la libertà di rapportarci in termini di desideri non repressi, al fuoco di tutte le nostre possibilità.
La società ci offre sicurezza, ma lo fa togliendo il rischio, cosa essenziale nel gioco libero dell'avventura. Ci offre sopravvivenza, ma lo fa in cambio della nostra vita. Perché la sopravvivenza che ci offre è sopravvivenza in quanto individui sociali, esseri composti di ruoli sociali, alienati dalle proprie passioni e dai propri desideri, coinvolti in rapporti sociali cui siamo assuefatti e che non soddisfano mai.
Un mondo di liberi che si rapportano in modo non represso, sarebbe un mondo libero dalla società. Tutti gli individui verrebbero coinvolti in termini di desiderio, non sulla base di un sistema sociale. Tenderemmo a stupire, a deliziare, ad eccitarci gli uni con gli altri, evocando vera passione invece di semplice noia, rassegnazione, disgusto o sicurezza. Ogni incontro avrebbe una potenziale meravigliosa avventura che non può esistere pienamente dove ci si rapporta in base a rapporti sociali. Allora, invece di restare prigionieri nel «giardino di pietre preziose» chiamato società, scelgo di lottare per abolire la società, e questo comporta diverse implicazioni che indico come "rivoluzione".
La lotta per trasformare la società è sempre una lotta per prendere il potere, perché ha uno scopo di prendere il controllo dei sistema dei rapporti che formano la società (uno scopo che considero poco realista, visto che questo sistema è ormai oltre il controllo di chiunque). In quanto tale, non può essere una lotta individuale. Gli individui dovranno definirsi come esseri sociali in questa lotta, sopprimendo qualsiasi desiderio individuale che non inquadra nel più "grande" scopo della trasformazione sociale.
La lotta per abolire la società è lotta per abolire il potere. È lotta di individui per vivere liberi da ruoli e regole sociali, per vivere i desideri appassionatamente, per vivere tutte le cose meravigliose che potranno immaginare. Progetti e lotte di gruppo fanno parte di ciò, ma crescono fuori dai modi in cui i desideri degli individui possono accrescersi, e si dissolvono nel momento in cui essi cominciano a soffocare gli individui. Il tragitto che avrà questa lotta non può essere delineato perché si basa su uno scontro tra i desideri dell'individuo spiritualmente libero e le domande della società. Sono possibili molte analisi dei modi in cui la società ci modella e dei fallimenti e dei successi delle ribellioni del passato.
Le tattiche utilizzate contro la società sono tante quanti sono gli individui coinvolti, ma tutti condividono lo scopo di limitare il controllo sociale e il condizionamento, favorendo lo sprigionamento dei desideri e delle passioni dell'individuo. L'imprevedibilità dell'umore e la gioia sono essenziali evocando un caos dionisiaco. Giocare con i ruoli sociali in modo da limitare la loro utilità sociale, capovolgendoli, facendone giocattoli, è una pratica valida in tutto il mondo. Ma ancora più importante è confrontare la società con noi stessi, coi nostri desideri e con le nostre passioni, che sono tutt'uno con l'attitudine a non arrendersi, col voler vivere secondo i propri intenti. La società non è una forza neutrale. I rapporti sociali esistono solo a costo della soppressione dei desideri reali e della passione degli individui, della repressione di tutto quello che rende possibile rapportarsi liberamente. La società è addomesticamento, trasformazione di individui in valore d'uso e del libero gioco in lavoro. Rapportarsi liberamente tra individui che rifiutano e resistono al proprio addomesticamento, limita tutta la società e apre tutte le possibilità. A quelli che pensano di poter raggiungere la libertà attraverso una rivoluzione meramente sociale, rispondo con queste parole di Renzo Novatore:
Tu aspetti la rivoluzione! Così sia! La mia è già cominciata da tempo! Quando sarai pronto... non mi dispiacerebbe fare un pezzo di strada con te per un po'. Ma quando tu ti fermerai, io continuerò nel mio cammino insano e trionfante verso la grande e sublime conquista del nulla.


[Social transformation- or the abolition of society, in "Anarchy: A Journal Of Desire Armed",
n. 25, estate 1990. Tr. it. su "Anarchismo", n. 68, 1992

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