mercoledì 18 luglio 2012

ALLA CONQUISTA DI NOVELLE AURORE

ALLA CONQUISTA DI NOVELLE AURORE
(da «Il Libertario», La Spezia, a. XV, 17 marzo 1917)


Sull’albero dell’avvenire noi edifichiamo
il nostro nido; le aquile rechino a noi il
cibo nel loro becco adunco.
In verità non un cibo che possono gustare
anche gli impuri!
Essi crederebbero di mangiare fuoco e si
brucerebbero la bocca.
Nietzsche


Quando le dita dorate dell’Aurora si avanzano sullo smaltato orizzonte, intrecciate con quelle inargentate dell’Alba, per togliere dalla faccia madreperlacea del nuovo giorno il velo bruno e funereo della notte, io fremo!
Io fremo attendendo il Meriggio!
L’ora meridiana fa risuonare negli abissi dell’animo mio delle marce scroscianti di musiche dionisiache!
“Oh, ora meridiana, ora meridiana affrettati! Fa ch’io veda danzare intorno al tuo fianco uomini di luce! Io vedo pure me stesso in questi amici miei!”
Questa è la sola preghiera ch’io recito al mattino.
Ma, ahimè! Quando l’ora meridiana è passata e quella crepuscolare si appressa, sento l’animo mio invaso di tristezza.
Oh, la terribile ora dei vespri... Quando il sole volge al tramonto e il giorno muore... L’ora nella quale gli ultimi fasci di luce cercano resistere tenacemente alla invasione implacabile delle ombre!
Ricordi? Sono parecchi anni, lunghi come secoli, che fummo travolti dalle ombre crepuscolari di un’epoca che corre verso il tramonto, ed oggi siamo ancora in piena tenebra!
Oh, come io la odio la notte! Come odio questa nemica del sole e della luce!
Questa megera infame dei pipistrelli e dei gufi!
Oh, Aurora! Aurora novella affrettati!
Portaci i caldi e palpitanti meriggi lunghi di eternità, chiusi fra le tue dita d’avorio dorate!

***

Ma, no! Non è possibile attenderti!
Occorre squarciare il ventre alla notte, bisogna rapirti al mistero!
Noi lanceremo sui tetti della città addormentata la nostra pietra risvegliatrice!
Noi solitari...
Oh, sì! Anche coloro che stanno placidamente avvolti nel manto di Morfeo noi risveglieremo!
Essi dovranno imparare a seguire noi che, piccolo pugno di audaci, balzammo in piedi con chiuso nel pugno il nostro grandioso destino e, sprezzanti di coloro che il letargico sonno ha già consegnato alla morte, trionfalmente marciamo verso le eccelse vette dove schiantano i fulmini della nostra spirituale tragedia e della nostra materiale epopea!
Restino pur già nelle paludi gli adoratori della luna e gli infrolliti amanti della notte: noi vogliamo la luce!
Noi saliremo sulle rocce bronzee dell’orizzonte e con l’anima gonfia di una solenne e maestosa tragedia, giaceremo in compagnia delle Albe! Esse ci scioglieranno l’enigma dell’eterno “Perché” e ci spiegheranno la canzone che lassù cantano i venti!
I venti gagliardi, nascenti dalla vergine foresta dell’Ideale!
Dell’Ideale che vigila le eterne ragioni dell’Infinito!
“Ecco l’Alba che viene, ecco viene il mio canto!”.
Grida a noi l’Avvenire!
E noi vogliamo danzare sopra il culmine delle più alte montagne baciate dal Sole ed incontaminate dal volgo, lassù dove tutto anarchismo e non cristianesimo.
O Albe, o Albe! Venite, giacete con noi e noi porteremo a voi tutti l’ardire delle nostre vergini forze! Noi soldati del Sogno. Noi che vogliamo vivere nell’azzurro perché così vuole l’anima nostra!
Noi vogliamo distruggere tutto ciò che non è puro: così vuole la nostra volontà!
Noi vogliamo essere le eterne sentinelle avanzate: così vuole la nostra potenza!
Ma vogliamo pur ritornare in mezzo alla notte per deporre sui tetti plumbei della città addormentata i tesori da noi rapiti al mistero, così vuole il nostro cuore!
E nessuna ricompensa, per tutto ciò, noi chiediamo ai dormienti, perché noi siamo nati solo per donare!
Sarebbe già troppo per noi la gioia di poter far dono dei nostri tesori!
Chi, fra noi, non comprende quanto sia difficile l’arte del donare?
Ma con tutto ciò noi doneremo! Così vuole il nostro egoismo chè quanto dire il nostro amore per ciò che dovrebbero essere gli uomini e pure anche le donne!
E voi che ci ascoltate vogliate almeno comprendere che noi non siamo sacerdoti della demagogia; troppa la nobiltà del nostro cuore per farci cadere nella vergognosa dedizione di questo ripugnante mestiere.
Non lanciate di questo fango a chi sa balzare sui ponti della Libertà e sa cavalcare arcobaleni di luce, se non volete sentirvi rispondere con l’amaro e violento sarcasmo di Nietzsche: “Guardatevi dallo sputare contro il vento!”.
Usate riguardo agli spiriti che vogliono liberarsi definitivamente da tutto ciò che è parto mostruoso del passato e che suona: realtà del presente.
Rispettate coloro che vivono nell’Avvenire!
Il nostro sguardo si fissa intensamente ai porti dell’Isola beata che si erge al di là del bene e al di là del male.
È là ove germinano i fiori verdi e selvaggi delle nostre più belle speranze!
È là, verso quell’Isola, che volge ansiosamente la prora dorata della nostra Nave!
Renzo Novatore

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