martedì 3 luglio 2012

Una specie riconoscibile

Una specie riconoscibile
di E. Armand

Della solidarietà imposta
L’uomo è un essere socievole e l’individualista che fa parte del genere umano non fa eccezione alla regola. L’essere umano non è socievole per puro caso, poiché la sua organizzazione o costituzione fisiologica lo costringe a ricercare, per completarsi, per riprodursi, uno dei suoi simili di sesso diverso. In linea di massima, si può pertanto costatare che gli uomini praticano la sociabilità senza riflessione o sotto la minaccia di una violenza: a scuola, in caserma, più tardi all’officina, essi vivono una gran parte della loro esistenza in comune con degli individui verso i quali nessuna simpatia li spinge; nelle grandi città, dimorano in immensi edifici, altra specie di caserme, uscio a uscio con dei vicini ai quali non li unisce alcuna affinità intellettuale o morale. Sovente, si sposano anche senza conoscersi, senza avere alcuna conoscenza dei rispettivi bisogni.

Gli individualisti anarchici considerati come “una specie”
Ora, è appunto questo che non vuole l’individualista anarchico. Egli non intende essere schiavo della sociabilità imposta, più di quanto intenda mettersi sotto il giogo della solidarietà forzata. Egli potrà associarsi ai suoi compagni, agli individualisti, a quelli del «suo mondo», della «sua specie». «A quelli della sua specie» è proprio la espressione adatta, giacché non è possibile negare che gli individualisti formino, in mezzo al genere umano, una specie riconoscibile da delle caratteristiche psicologiche ben determinate. Gli individui che, scientemente, ripudiano le dominazioni e gli sfruttamenti di ogni specie, vivono o tendono a vivere senza idoli o padroni: cercano di riprodursi in altri esseri al fine di perpetuare la loro specie e di continuare la loro fatica intellettuale o pratica, la loro opera di emancipazione e, insieme, di distruzione: codesti individui formano bene una specie a parte, nel genere umano, una specie assai differente dalle altre specie di uomini, così come, nella specie canina, il terranova differisce dal botolo.
Intendiamoci bene: non si tratta già di fare dell’individualista anarchico un “superuomo” fra gli uomini, più di quanto non si tratti di fare del terranova un “supercane” fra i cani. Esiste pertanto una differenza: il terranova è un tipo fisso che non evolverà; il tipo individualista evolverà. Esso compie nel genere umano, la funzione esercitata dalle specie dei veggenti e dei precursori nella evoluzione degli esseri viventi. Si può anche assimilarlo a quei tipi meglio dotati, più vigorosi, più atti alla lotta per la vita, che appaiono ad un certo momento in seno ad una specie e finiscono con determinare il divenire di questa specie. Con le loro imperfezioni, le loro manchevolezze, i loro errori, gli individualisti anarchici, costituiscono, noi pensiamo, allo stato latente il tipo dell’uomo futuro: l’individuo dallo spirito libero, dal corpo sano, dalla volontà educata, pronto all’avventura, disposto all’esperienza, vivente pienamente la vita, ma che non vuole essere un dominato più che un dominatore.

Il «mutuo appoggio» nella specie. Il cameratismo
L’individualista non è, dunque, un isolato nella sua specie. Fra di loro gli individualisti praticano il «cameratismo»: come tutte le specie in costante pericolo d’essere attaccate, essi tendono istintivamente alla pratica del «mutuo appoggio nella specie». Ritorneremo più tardi su talune delle forme che può assumere questo «mutuo appoggio». Comunque, esso tende alla scomparsa della sofferenza evitabile nella specie: non è un compagno chiunque tenda, al contrario, a prolungare o ad aumentare la sofferenza dei propri compagni.
L’individualista incita colui che vuol procedere con lui a ribellarsi praticamente contro il determinismo dell’ambiente sociale, ad affermarsi individualmente, a forgiare la propria personalità interiore, a rendersi quanto più possibile indipendente da tutto l’ambiente morale, intellettuale, economico che lo circonda. Egli spingerà l’ignorante ad istruirsi, l’indolente a reagire, il debole a diventar forte, il supino a raddrizzarsi. Egli indurrà coloro che sono male dotati ed i meno atti a trarre soltanto da loro stessi tutte le risorse possibili, ed a non fare assegnamento su gli altri.

Brani tratti da: Emile Armand, Iniziazione individualista anarchica, Firenze, 1956

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