martedì 2 ottobre 2012

L'agonia del vecchio mondo rimanda all'infanzia dei desideri.


L'agonia del vecchio mondo rimanda all'infanzia dei desideri.



1 - L'economia s'impadronisce degli individui impadronendosi due volte della loro infanzia, negli anni della giovinezza e nella rimozione dell'adulto.
Se c'è stato verso la fine del paleolitico un colpo d'arresto lentamente portato allo sviluppo sociale dei desideri della vita, all'espansione di una sessualità creatrice di condizioni storiche favorevoli al suo progetto, non posso sottrarmi all'impressione che lo stesso colpo d'arresto si riproduce in noi fin dalla nascita. Al di là delle modificazioni genetiche, i bisogni primari del cibo e del movimento non hanno cessato di esprimere nel bambino, e fino ad oggi, la ricerca di un godimento globale, un cammino, sicuro e incerto allo stesso tempo, verso il primato di ogni soddisfazione. E' qui soprattutto che la mano della famiglia fa cadere il colpo di mannaia dell'economia, è qui che taglia quanto e come vuole perché il bambino sia trascinato, più in fretta dal deperimento dei desideri, all'invecchiamento precoce che si chiama età adulta.
L'infanzia è una scoperta involontaria della borghesia, come l'individualità. Lo sgretolamento della comunità sociale, inerente al modo di produzione capitalistico, ha avvicinato gli uomini alla loro realtà concreta intanto che li confronta con la vecchia astrazione dell'uomo universale che li domina ancora. Come potrebbero, delle generazioni assimilate massivamente a una serie di immagini rifratte dal divenire della merce, non finire al termine del percorso per recuperare un po' di chiarezza sull'alienazione e il mondo alla rovescia?
Considerato progressivamente come una Creatura degli dei, un Uomo, un Cittadino borghese o proletario, un individuo, chi fra noi non è tentato di rivendicare la sua irriducibile singolarità di voler vivere in partenza quello che è?
L'ultima fase della storia subita collettivamente riaccende in tutti la lotta dei primi anni dell'esistenza contro la repressione economica. « Chi sei? », domandano quelli che detengono le risposte, i fabbricanti di categorie, i professori in classificazioni. Una sola risposta esclude ogni altra domanda: « Sono quello che voglio vivere, e io voglio vivere i miei desideri nell'unità di tutto ciò che vive ».
Lo sfruttamento crescente della materia umana da parte dell'economia scopre finalmente il godimento celato il sotto le menzogne successive della verità mercantile. Il filo d'Arianna dei desideri si trova sempre nell'infanzia.
L'interesse risvegliato nella borghesia, dal diciottesimo secolo, per il bambino come oggetto di educazione contiene già l'interesse più materiale che essa dimostra nei suoi confronti come oggetto di mercato e di commercio. Il cinico sfruttamento raggiunto oggi del bimbo appena nato rischiara simultaneamente il lavoro della merce e la funzione familiare esercitata sui nostri anni di giovinezza. Avviene come se il bambino improvvisamente riscoperto in fondo all'adulto, denunciasse a lui solo la condizione di una civilizzazione che conosce, sotto il nome di uomo, degli embrioni prematuramente invecchiati. L'assenza di una vera vita mi porta al centro di un labirinto, a quello che ancora sussiste in me di vivo, una volta dissipata l'amarezza del lavoro, del dovere, della compensazione, della colpa, della volontà di potenza. Mi accompagna un bambino, salvato dalle acque tumultuose del passato. La sua rinascita è la rinascita della mia volontà di vivere.


2. La proletarizzazione dei desideri è il vero invecchiamento.
Il mondo alla rovescia tocca il suo punto di rovesciamento possibile quando non c'è altra via d'uscita che la morte o la rinascita del bambino in ciascuno di noi.
La necessità economica restituisce al vivente represso le caratteristiche dell'infanzia. Come adattarsi ad un mondo dove ci si dà la pena di nascere invece di coglierne il piacere? Perché nella misura in cui sparisce l'idea di un parto necessariamente doloroso, si allarga la convinzione che, al contrario della leggenda della donna, punita là dove ha peccato, partorire potrebbe essere legato al piacere di svuotarsi, di scaricarsi in un parossismo dei sensi. Perché il godimento dovrebbe essere escluso quando il bimbo realmente desiderato e colmo di desideri da soddisfare balza fuori dal ventre? Perché il bimbo è raramente desiderato, e i suoi desideri glieli fanno ingoiare uno per uno. Perché l'ingresso alla vita passa dalla porta del profitto e del potere. Perché la famiglia lo condiziona al riflesso di produttività, cominciando dalla madre che lo porta in grembo.
Se le civilizzazioni mercantili, senza eccezione alcuna, consacrano l'impurità della nascita, non è forse perché la coppia fondamentalmente incestuosa formata dalla madre e dal bambino appena nato introduce la bestia infernale dei godimenti gratuiti nella stalla del valore di scambio universale? Non è forse a causa della legge economica, che si accanisce a maledire il piacere che nasce dal piacere della nascita, a rovesciarlo alla base, a colpirlo in qualche modo nel suo fondamento?
La storia individuale di ciascuno comincia con la donna che lo mette al mondo. A questa donna in cui sorge il ricordo del bambino che fu – del bambino che ella è sempre nell'istante del piacere - la civilizzazione mercantile sostituisce la madre, vero funzionario dello Stato incaricata d'integrare alla società il suo prodotto carnale ancora grezzo. La madre uccide la donna e il bambino. Uccide la donna bambino che vive in lei. E' la copertura mercantile che il potere trae a se e sotto cui si perpetua da secoli un'ipocrita infanticidio. Così, attraverso un ruolo eminentemente sociale, l'atto di partorire si trasforma in lavoro. Una volta ridotta la nascita a un'attività produttiva, chi si stupirebbe di vedere il godimento iniziale, così prontamente rimosso, cambiato in dolore, rovesciato in maledizione?

Lavoro e piacere si affrontano fin dalla nascita.
Dal momento in cui l'ideologia materna copre la donna incinta, la gogna millenaria delle religioni e delle culture si stringe. Le vecchie nozioni di colpa, tentazione, piacere proibito, di caduta s'infiltrano fin dentro i muscoli del ventre, delle cosce, dell'utero, che si contraggono, si induriscono, sistemano la corazza e impediscono al godimento e al bambino di balzar fuori tutte e due insieme. Tutto concorre nel corpo a sbarrare la strada alla gratuità che la nascita del bambino minaccia di espandere nell'universo economico. Ma nello stesso tempo, l'estrema materialità e l'estrema astrazione della merce rivelano che accanto al parto-produzione, rovesciando la nascita in un divenire che è quello della merce, esiste nella donna un piacere che si annuncia, si ripercuote nel bambino che deve nascere e celebra la loro mutazione comune, come se rinascesse, con la nascita dell'uno, l'essere dei desideri che non è mai sbocciato completamente nell'altro.
Il ruolo di madre riscatta la licenza della donna. Bisogna che la donna paghi il suo compromesso naturale con il peccato, che riscatti il disordine che la sua bocca d'ombra ha sputato sul mondo, razionale e igienico dello scambio. Poiché ella sfugge più che gli uomini alla produttività del lavoro e obbedisce meno servilmente agli dei dell'economia, la donna è stata il simbolo agli occhi del sistema mercantile della vita sessuale sbrigliata, della lascivia, dell'infedeltà, dell'astuzia. La repressione sociale s'ingegna a velare la sua esuberanza sensuale con una nebbia di morte, dipinge l'incanto del suo sesso con i colori di orribili caverne e abissi insondabili da dove sale una prolificazione di serpenti che eroi e santi devono troncare. I miti e le leggende nei secoli, necessariamente irradiati dall'economia, non contano più le rappresentazioni malefiche della donna. Eva, Lilith, Pandora, Melusina, serpente ctonico, Medusa, strega, tentacolo satanico, altrettante inversioni della vita che la liberazione di inibizioni parziali oggi valorizza nella derisione dello spettacolo.
Come il vivente scava la sua tomba con la merce che produce, così la madre piazza, sotto il segno della morte, i suoi piaceri e quelli che affiorano nel bambino. Ciò che non appartiene alla luce del giorno - vale a dire alla ragione economica e al tempo del lavoro - il suo comportamento economicista lo respinge nella notte del sesso, nelle profondità dell'io dove i mostri della liberazione finiscono di separare in elementi differenti l'uomo, il bambino, la donna, tre realtà che. Sono nei fatti tre momenti dell'individuo per accedere all'unità del godimento. Quando il bambino appare rompe il cerchio della famiglia con i suoi desideri nascenti, ciascuno s'industria sul modo migliore ne per domarlo. Un tempo se ne impossessavano i preti e lo battezzavano,lavandolo dalle sue impurità. Il costume di lavarlo è resistito nell'educazione familiare che veglia a purgare il bambino dalla sua propensione ai piaceri gratuiti. Il cibo gli sarà dato a ore fisse affinché l'economia del tempo gli entri nella testa con i gesti senza senso dando la soddisfazione significa spensieratezza: che impari i gesti che pagano, i movimenti che si adattano alle cose e procurano un guadagno. Si devono eliminare le grida e i cicalecci per il linguaggio funzionale dell'offerta e della domanda. Vuoi bere? Frigna, gemi, urla, niente ti sarà dato per gentilezza, per paura di «viziarti», di lasciarti credere che è possibile godere senza controlli . Pur godendo da poco tempo di una sessualità che la psicanalisi gli riconosce, come la Chiesa aveva un tempo riconosciuto un'anima alla donna di cui non sapeva cosa farsene, il bambino continua a non essere niente per se stesso. Nessuna specificità per chi non esiste se non nell'ordine della famiglia, ma che usi e che rappresentazioni. Segno di ricchezza, promessa di una rendita futura, attestata di virilità e di fecondità, saracinesca degli odi degli e amori coniugali, cemento e calcina dell'abitudine, sostituto della creatività, oggetto di appropriazione, animale domestico, sofferenza - dolore, bambola, pagliaccio. Valore di scambio sempre.
Cos'è un bambino? Nessuno lo sa, perché nessuno ha ancora un'immagine dell'uomo partorito dallo sviluppo di una società fondata sull'emancipazione e la realizzazione dei desideri, sul compimento che ogni individuo porta in sé .

La nascita è, in un mondo che non tollera alcun cambiamento, il cambiamento che racchiude tutti gli altri.
I genitori sono là, con l'amarezza di non essere mai nati per se stessi, a spiare quello che succederà. Fra le cosce della madre, la civilizzazione aspetta come il cesto di vimini di una lenta ghigliottina. Infine, passato per il laminatoio dei muscoli contratti, strappato con il forcipe, gettato nel freddo e nella luce, schiaffeggiato perché respiri meglio l'aria della libertà, il bambino fa il suo gioioso ingresso nel mondo.
Io non mi auguro che si affievolisca o sparisca la parte di rischio, di capovolgimento, di violenza, di dispiacere passeggero inerente al cambiamento radicale. Io insorgo soltanto nel vedere come l'accoglienza alla vita scelga tradizionalmente di punire il cambiamento, di ostacolare il processo umano e interrompa la reazione a catena dei piaceri nascenti. A che servono le tecniche del parto indolore se l'ambiente intorno respira la nascosta speranza del vecchio? Che i giovani abbiano in eredità almeno la loro parte di sofferenza. Tagliandoti il cordone ombelicale, si arrogano il diritto di tagliarti anche le ali e i coglioni, i viveri e la clitoride. E' per il tuo bene. Fin nei piccoli gesti la madre arriva ad applicare le norme della castrazione previste dal sistema economico. Ella non funziona come un essere particolare,ma come uno strumento di potere statuale o tribale. Del resto il suo ruolo si trasferisce senza incidenti a chi educhi il bambino, al padre, all'amante, al bambino stesso, condannato, per nascondere la sua crescente miseria di umanità, ad identificarsi alle immagini di cui lo satura la società come di tanti specchi deformanti.
Appena uscito dall'utero, mentre la nascita gli promette l'emancipazione, eccolo compresso in una serie di matrici di cui nessuna offre neanche minimamente i risultati della prima. Non conoscerà mai più la gratuità dello stadio fetale.
Sbattuto dalla famiglia alla scuola, dalla fabbrica allo Stato, dal gruppo al partito, di trappola in trappola., egli entrerà nella carriera dell'ordine dominante o dell'ordine dei dominati varierà in meglio o in peggio nella scala mobile delle promozioni sociali, finanziarie, ideologiche, morali.
Prenderà per libertà il diritto di pronunciarsi per un'identificazione contro un'altra, scavalcando, di fatto, l'una e l'altra per allontanarsi sempre più da sé. L'universo immutabile dello scambio gli insegnerà a sopravvivere fino a morirne. L' agonia comincia presto. Nei primi giorni di vita, quando l'amore, la conoscenza, l'arte di cambiare il mondo gli sono venduti al prezzo una sottomissione assoluta. Il ricatto e senza ambiguità: vuoi partire da solo e svilupparti da solo? Lascia ogni speranza di aiuto e di protezione! Hai bisogno di tenerezza e di sapere? Rinuncia alla tua idea di indipendenza!
Acquistando i mezzi per modificare le circostanze, il bambino guadagna solo l'impotenza a trasformarli nel senso dei piaceri. La società mercantile non può tollerare che in lui i piaceri rompano gli argini progredendo di appagamento in appagamento e inventando una vita che neanche i nostri sogni riescono ad immaginare. Il bambino subisce dunque l'inumano travasamento della forza vitale in forza lavoro, la legge dello scambio permanente, l'impossibilità pratica di crescere e moltiplicare i suoi desideri. Si deve ricreare la nascita insieme alla società.

Educare, significa introdurre la separazione intellettuale nel corpo.
Lo Stato domestico che noi chiamiamo famiglia fa del bambino un piccolo angelo con la testa rivolta verso il cielo, i vertici, l'élite, il pensiero il potere, mentre il resto del corpo, con il suo occhio anale da ciclope, è costretto a guardare per terra, i luoghi bassi, il mondo represso dove tutto si trascina, striscia e si nasconde.
Ogni volta che la donna si volta alla madre e s'impenna per resistere alle carezze del bambino e al suo proprio desiderio incestuoso, essa insegna al corpo come diventare insensibile, come opporre ostacoli agli affetti e indurirsi in corazza. Il pensiero s’impone allora come una entità separata, investito di un potere di decisione sul corpo, che riproduce la separazione sociale tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Così, il bambino è iniziato simultaneamente alla maledizione del sesso e alla ragione economica. Il corpo diventa per lui ciò che deve essere dominato, costretto, domato, civilizzato secondo le leggi dell'Ordine regnante sul fecale. La testa ha la costanza d'insegnare l'inautentico, la vergogna del desiderio, la paura di godere, l'esilio da sé a profitto dell'apparenza.
Sotto i progressi intellettuali del giovane prodigio che voi fabbricate a vostra immagine, che modellate sulla parte di merce chiusa in voi, come non percepire un'Atlantide sommersa, le rovine di una intelligenza sensuale rimossa nel passato? Il discernimento che lodate nel bambino non è, il più delle volte, che il suo servile adattamento al libero scambio della ricompensa e della punizione, della promozione e del decadimento del potere e della sottomissione. Ah la bella intelligenza che si aguzza a discolpare, vendicare, colpevolizzare, colpire , parare i colpi, e trae la sua perfezione da un' espiazione comune in cui gli individui si rifiutano come esseri del desiderio per liberarsi come esseri del pensiero!
Sulle stesse frontiere dove la merce non ce la fa più a perseguire la sua appropriazione della vita, essa circonda e e rivela ciò che la nega: oggi sappiamo che le gesticolazioni fetali esprimono già dei desideri che esse si preparano a soddisfare. Lungi dall'essere cieche, risvegliano una specie di sguardo oscuro, un'intelligenza di ciò che le mette in tumulto nella relazione organica con la madre. Non appena che la nascita precipita il bambino in un dilagare di rumori, di toccamenti, di luci, non incomincia il corpo ad esplorare il terreno sconosciuto? Il tatto, l'odorato, l'udito, la vista non si formano forse distinguendo per contrazione ed espansione i luoghi e i momenti ostili o piacevoli? Ogni volta che il bambino evita il freddo, la noia, l'isolamento, la mano brutale e cerca il grembo dove nascono le carezze, l'intelligenza si sviluppa, progredisce assieme al corpo la cui crescita si confonde con l'affinamento dei sensi sul cammino del godimento. A dispetto di quel poco di chiaroveggenza che la ragione economica gli consente, il bambino possiede un sapere capace di creare un ambiente favorevole alla soddisfazione dei suoi desideri. Si sono mai preoccupati gli adulti di perfezionare questo sapere? Al contrario, lo hanno rovesciato separandolo dall'impulso sessuale, l'hanno trasformato in un pensiero estraneo al desiderio, che rende il piacere estraneo alla vita.
L'ipertrofia intellettuale è la testa marcia dell'evoluzione mercantile. Essa mostra, per effetto contrario, che ogni chiarezza nasce nella vampata della volontà di vivere, si affina di piacere in piacere e, muore, per astrazione, se si cambia in rimozione, costrizione, separazione, colpevolezza. In ognuno di noi, l'infanzia repressa reclama una nuova intelligenza, l'intelligenza del suo superamento e della sua realizzazione.
Com'è certo che il potere economico produce l'intellettualità, privando i desideri del loro sentire e rivoltandoli contro se stessi, così, l'autogestione generalizzata spingerà l'intellettualità in fondo al suo processo di autodistruzione, al di là delle sue sclerosi senili e disinibizioni puerili, fino alla sua dissoluzione sotto l'emergere della sensualità globale.

La nascita è una colpa che si paga rinunciando alla vita.
Il bambino è il più non avente diritto degli innocenti. Il suo romanzo individuale ha un titolo da vecchio feuilleton, è il figlio del peccato. La teologia non si è sbagliata quando descriveva la nascita come un inferno nevrotico in cui la creatura umana nasce tra l'urina e la merda, mentre il dio dell'intelletto guadagna in purezza quello che esprime in disgusto del corpo.
Tuttavia, nessuno nega, anche se talvolta lo nasconde agli altri, con quanta soddisfazione caghi e pisci ogni giorno. Ma ecco che la vergogna di mettere al mondo il bambino, svuotandosi delle urine e degli escrementi, suscita nella donna partoriente una repulsione che fa diventare incubo il possibile piacere della nascita. La vergogna di sé fa, del lasciarsi andare ai piaceri, una libertà che bisogna pagare con una vergogna più grande ancora. Questa è la lezione impartita al bambino dalla prima ora.
Responsabile dei dolori del concepimento, delle fatiche della gravidanza, del piacere incestuoso rimosso dalla madre, della cattiva coscienza dei genitori, dei risucchi nell'acqua sporca della coppia, come potrebbe il bambino non essere educato nella colpevolezza e dalla colpevolezza? L'igiene della ragione economica esige che sia punito se grida, sputa, s'imbratta. Cade, e la madre lo rimprovera, « ecco cosa ti capita quando mi lasci », mentre la famiglia spazia a squarciagola sul tema, « è colpa tua! ». Il bambino impara a odiare e a odiarsi quando la madre gli disimpara l'amore. Il tabù dell'incesto tra la madre e il figlio, sempre e ovunque, proibisce al godimento dello stadio fetale di continuare dopo la nascita in una gratuità affettiva. La fonte di ogni carezza è nella relazione incestuosa iniziale, e la sua rimozione ne fa la fonte della crudeltà, del soffocamento,dell'appropriazione, della colpa.
Più la maternità funzionale reprime la donna-amante, più il bambino diventa l'oggetto del suo risentimento. Lo stringe al cuore come un vecchio rancore. Se lui le risveglia il desiderio mordendole i seni, essa si appella al pretesto economico, si pone da madre nutrice, separa in due atti distinti mangiare ed accarezzare, e distrugge allegramente con la legge del lavoro la stessa unità di godimento. Eccita il bambino lavandolo, fino a provare lei stessa i primi segni di un godimento comune? Immediatamente la mano allontana la tentazione amorosa e termina il suo lavoro d'igiene con una secchezza meccanica. Tuttavia, il piacere non è affatto sparito sotto il gesto funzionale, sussiste nella sua forma contraria, ha cambiato di senso, si è caricato d'angoscia, di colpa, di aggressività. La voglia di carezzare diventa voglia di graffiare, di colpire, di ferire.
Quando la ragione economica si impadronisce del corpo, essa lo funzionalizza, separando quello che appartiene alla macchina nutritiva ed educativa e ciò che, non rispondendo ad alcuna redditività merita di essere represso. Preso in questa altalena traumatizzante dell'effusione amorosa e della freddezza carica d'odio, il bambino continua a provare la dolcezza delle carezze accompagnata dagli sbalzi nevrotici della repressione. Si sveglia alla sessualità globale in ciò che la spezza, la frantuma e la capovolge. Ogni volta che i rimproveri succedono agli occhi dolci, che amare significa castigare, il bambino impara che la testa è il rifugio del corpo colpevole e comincia a tenerla all'altezza del saluto ossequioso e del disprezzo che lo compensa. La padronanza di sé è la sottomissione servile a tutte le alienazioni. Per questo ognuno di noi, sia uomo o donna, è costretto, prima o poi, a comportarsi da madre, madre di figli reali o immaginari, madre di oscenità compensatorie, madre di reggimenti e di partiti, madre di riscatto, madre che riproduce - quasi sempre, sotto la ridicola maschera del Padre - la stessa e ignobile famiglia, la famiglia sentimentale, la famiglia tribale, la famiglia nazionale, quella politica, erotica, ideologica, rivoluzionaria. La fine della funzione materna non è che una delle trasformazioni della fine del lavoro, della costrizione, della intellettualità, della colpevolezza.


3. La storia sul punto di rovesciarsi passo per il punto di rovesciamento della storia individuale.
L'autoanalisi sta alla psicanalisi, come la realizzazione degli individui sta alla loro integrazione mercantile.
Mi occupo dell'infanzia solo in riferimento a quella che io ho vissuto e che continua a vivere in me. Perché invecchiare prende oggi il senso preciso di una integrazione progressiva al vecchio mondo, e il ritorno all'infanzia significa il rifiuto della proletarizzazione crescente. L'oppressione esercitata sul bambino non si congiunge forse con lo sfruttamento del proletario nel punto di confluenza della storia individuale con quella collettiva? La confusione, per tanto tempo mantenuta, tra l'ideologia dell'infanzia e il millenarismo di destra e di sinistra, è ormai cancellata dall'arroganza impudente dell'economia. La materialità nuda della merce schiude, di fatto, tutti gli occhi, la sua meccanica rudimentale funziona in piena luce, ciascuno dei suoi movimenti libera una parte di umanità che essa pregusta di recuperare nella tappa successiva, nella progressione contraddittoria e permanente della sua autodistruzione.
Se, nel diciannovesimo secolo, occorrevano trent'anni ad un rivoluzionario per capire che i suoi progetti di libertà erano peggio dell'antica oppressione, tre anni bastano all'uomo senza qualità, nostro contemporaneo, considerato che ogni giorno gli mostra a sufficienza come ciò che manca all'emancipazione globale dei desideri lavori al rinnovamento della merce. Il ritorno al bambino appare nel solco di due ideologie moribonde: il femminismo e la psicanalisi, due rivendicazioni parziali, nate anch'esse all'ombra della emancipazione proletaria e la cui sola presenza denuncia il carattere altrettanto parziale del movimento anarchico e dei consigli operai. Al centro occulto dell'esigenza femminista, c'è l'affrancamento della donna-amante.
Ecco cosa soffocano in partenza, sia il progetto matriarcale, che le amazzoni lanciate alla conquista concorrenziale del potere economico accaparrato dai maschi. Condividendo con i produttori il disprezzo per il debole rendimento del bambino, rimane alle femministe l'avvenire glorioso di aspirare all'eguaglianza attraverso il lavoro, di allargare all'insieme delle attività sociali la loro autorità domestica di « madri » (con o senza bambini), di essere un giorno, per intero, padrone, sterratore, poliziotto, militante e militare. Che bell'oggetto! Movimento operaio, femminismo, psicanalisi sono caratterizzati dalla stessa tara intellettuale. Tutti e tre rispondono inizialmente ad un desiderio di autenticità, al partito preso della vita contro le sue forme falsificate, e ognuno si separa e s'inverte in una nuova oppressione, che è la vecchia modernizzata secondo la loro misura. Così, la psicanalisi parte alla ricerca del bambino rimosso nell'adulto, ma invece di attribuire all'economia la causa di questa rimozione, fa di tutto per gettargli in pasto quello che essa ripesca di vivo sotto il ghiaccio del profitto e del potere. La psicanalisi diffonde e riproduce tutti i tics della passata alienazione. Quand'anche dimostrasse che il pensiero esercita una censura sull'espressione dei desideri, cesserebbe per questo di essere un pensiero separato, una controcensura che dissimula la rottura tra il corpo e la « testa », un'emancipazione imprigionata nei rapporti servo-padrone, una liberazione presa nella trappola dell'iniziatore e di chi vuole essere iniziato?
Grazie ad essa, la trasformazione dell'intelligenza sensuale in funzione intellettuale tocca il suo punto di inconscia perfezione. Insegna a cambiare di nevrosi, ad adattare alle norme sociali della sopravvivenza generale l'insopportabile disagio della sopravvivenza individuale. Cosa conta sapere che odi tuo. padre, se continui a lavorare per un padrone!
E' molto tempo che delle valvole di sfogo equilibrano, bene o male, la pressione delle rimozioni e delle disinibizioni, ma ciò non toglie che un certo modo di alleviare le tensioni, per mezzo di un transfert positivo o negativo, diventa impraticabile a misura che la merce si umanizza impadronendosi dell'umano. Le società ad alta penetrazione mercantile non permettono più di compensare l'assenza di vita con il linciaggio, il massacro delle minoranze, il razzismo ufficiale, la glorificazione e l'esecrazione di un capo.
Il comportamento economico preferisce oggi le confraternite dell'autodistruzione, i clubs di spregiatori-spregiati, le società di mutuo giudizio. La psicanalisi è la lisciva che viene pretesa da fornitori di panni sporchi in famiglia. Essa individualizza il sistema dello scambio vendendo direttamente al paziente la buona coscienza delle sue turbe (e la vende al giusto prezzo della sua integrazione alla società mercantile). La sua dottrina della salvezza, fondata sull'ambiguità dei desideri accettati e respinti, riproduce nei fatti il rapporto morboso della madre e del bambino. Una piroetta ben adattata all'ordine delle cose chiude alla fine dei conti il bilancio delle turbe e dei rimedi: il bambino schiavo uccide il padrone madre, l'uccide simbolicamente saldando l'onorario della consultazione! Ite missa est. La scelta è oggi chiaramente quella di superare l'infanzia o di lasciarla marcire dentro di noi, di vivere la sua fioritura o di marciare su di essa fino al suo rimbambimento, quando essa si vendica in extremis, e questa è la forma perfetta dell'uomo incompiuto. La funzione intellettuale, la cui ombra ha sempre offuscato la coscienza della storia individuale, si vede costretta a lasciarla esprimere contro di essa. Ciò che mi era ostile va a trasformarsi in transfuga verso la mia forza di vita. Non è ancora chiaro, a me come a molti altri, che esiste una alchimia il cui elemento fondamentale è in noi?

I miei desideri, i miei capricci, le mie passioni, i miei umori, i miei fantasmi, i miei sogni, le mie nevrosi, le mie malattie, i miei progetti, le mie ubbie, la mia stupidità, i miei errori, il mio genio, la mia specificità, non sono questi precisamente la sorgente da cui mi aspetto che scaturisca il fiume inarrestabile del mio destino?
L'autoanalisi appare nelle tracce dell'autonomia, porta il segno della sua soluzione e delle sue incertezze. Più la proletarizzazione stringe e accerchia la vita da vicino, più essa attizza il fuoco dell'esuberanza sensuale, sotto il ciarpame del riflesso economico. Il piacere autenticamente vissuto non viene meno finché non avrà liberato dall'incrostazione mercantile ogni godimento che vi sta intrappolato. La chiarezza appartiene al desiderio come il desiderio appartiene alla specificità individuale. Ci sono fin troppi stranieri nel mio territorio perché io ne lasci entrare ancora un altro che pretenda di scacciarli al posto mio. L'autoanalisi, che non è altro che un'analisi senza psicanalista, non farebbe che rieditare la tradizionale lettura poliziesca dell'io. Rimettersi all'esame degli altri, mordere l'esca della spiegazione obiettiva, cercarsi con lo sguardo degli altri (con tutto quello che implica di disinibizione, rapporto di forza, regolamento di conti), non è in fondo rinunciare alla chiarezza dei desideri senza padrone? Come potrebbe aprirsi alle confortanti pulsioni del voler-vivere chi si analizza sotto la costrizione, nel terrore di trovarsi, con l'angoscia dei colpevole accanito a giustificarsi?
Mi rifiuto di dissimulare la parte di vecchio mondo che sussiste dentro di me e mi governa per inerzia. Al contrario, pretendo di liberare da questo conglomerato di falsi desideri, inibiti e rovesciati, il demone meraviglioso che vi è incatenato. Il mondo dominato dal godimento è dentro di me come il bambino che ero e che inseparabilmente sono. 
Ciò che tento di nascondere rispunta dappertutto dove ho voluto soffocarlo. Il braccialetto accarezzato, l'emicrania da « cattivi » pensieri, i sospiri per l'inadempiuto, la tachicardia da rimozione, parlano il linguaggio del corpo ambiguo, lacerato tra il desiderio e i suoi divieti, tirato dalle pulsioni di vita e 'espressione letterale delle formule dall'ammaliante banalità: « avere lo stomaco rovesciato, aver mal di cuore, averne i coglioni pieni, stare in mezzo ai piedi, rompersi i denti... ». Ciò che mi ripugna, mi terrorizza , mi umilia, mi fa soffrire contiene nella sua forma capovolta, ciò che amo e desidero. Ho meno riserve ad esplorarmi da me che a confidarmi ad altri. Più la mia curiosità incontra della resistenza, meglio mi convinco ad insistere. Dove il blocco cresce s'innalza il muro della rimozione. Dove la repressione è ancorata mi piace tornare alla carica, curiosare, scavare per associazioni, analogie, immagini fuggitive, fantasmi onirici. Perché non dovrei andare fino in fondo, accontentarmi di spiegazioni sommarie, di transferts, di alibi? Non sono solo a scoprire le mie verità nascoste

Voglio imparare a cacciare, con il soffio creatore del godimento, il prete e il poliziotto rannicchiati in un cantuccio della testa. Mi pare che l'arma della rivoluzione appartenga a chi non ignora più come si capovolge in lui il movimento per cui la volontà di vivere si converte in riflesso di morte.
Come a suo tempo fu decifrato il libro sociale, non esiste più nessuno oggi che non si senta confrontato alla sua propria decifrazione per il gusto dell'emancipazione immediata. E il dolore, analizzato fino a fargli sputare il pus della sua colpa, non sta poco a poco scomparendo, svelando l'impulso cicatrizzante dei tessuti, rilassando i muscoli della corazza, liberando il desiderio la cui repressione fu la causa della sofferenza? Abbiamo accettato fino ad oggi di curarci con rimedi peggiori del male, perché avevamo scelto come base non la volontà di vivere ma quello che l'affievolisce. Abituati ben presto a capire il gioco dei nostri organi, arriveremo ad evitargli le inibizioni, a liberarli dall'economia, a restituirli all'espansione dei godimenti. Applicheremo con sempre maggior precisione la formula « il destino, sei tu che ti arrivi a te stesso » affinché sciogliendo la parte di vita dalla parte di morte che viene da noi e viene verso di noi, non ci sia del fortuito che nella varietà dei piaceri. Il rovesciamento del mondo alla rovescia passa per il cammino più corto da una felicità a un'altra.


4. La rinascita dei nostri desideri annuncia la nascita di una società finalmente umana.
Mancava ai desideri risvegliati nell'infanzia i mezzi per cambiare il mondo a loro favore. Questi mezzi ce li offre ora la storia contemporanea, ma rivoltati contro di noi. Basta rinascere a noi stessi per rivoltarli contro di essa. 
La creazione delle relazioni sensuali incomincia con moto irreversibile dalla creazione di una società radicalmente altra. Quelli che si esaltano a brandire contro la loro proletarizzazione le armi dell'infanzia riscoperta in essi sono assai più numerosi di quanto non credono i suicidi del vecchio mondo, così pronti, per altro, a tacciare come rivendicazione puerile e follia collettiva la nuova innocenza che comincia ad annientare, con sistemi differenti dai loro, il mondo della noia.
Aspro all'incontro dove il bambino non è più oggetto di conoscenza ma soggetto di passioni amorose. L'avventura erotica con i bambini è inseparabile dall'amore di sé, dall'amore della vita. Non dubitate, essa si espanderà a disprezzo delle vostre leggi, lordure concepite solo attraverso l'infanticidio. La ricerca dei nostri desideri non è un'archeologia del passato ma il richiamo del presente a vivere. La magia, un tempo invertita nei racconti, sta rinascendo insieme all’infanzia. Tutto è permesso, perché niente è vero delle verità mercantili.





Tratto da " il libro dei piaceri" di Raoul Vaneigem

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