martedì 17 settembre 2013

IL NULLA CREATORE

Dal nulla emerge la creazione dionisiaca, 
l'eterna volontà di generare,
la fecondità che mai cessa,
l'eterno ritorno.
Si tratta di un gioco,
dove come posta
c'è la propria vita.
A vincere è chi
non ha paura di morire
con le armi in pugno.



Ormai è provato... La vita è dolore! Ma noi abbiamo imparato ad amare il dolore, per amare la vita! Perché nell'amare il dolore abbiamo imparato a lottare. E nella lotta — nella lotta soltanto — sta la gioia del vivere nostro. Restare sospesi a metà non è mestiere per noi. Il cerchio di mezzo simboleggia il vecchio "sì e no". L'impotenza del vivere e del morire. È il cerchio del socialismo, della pietà e della fede. Ma noi non siamo socialisti... Siamo anarchici. E individualisti, e nichilisti, e aristocratici. Perché veniamo dai monti. Da vicino alle stelle. Veniamo dall'alto: da ridere e maledire! Siamo venuti ad accendere sulla terra una selva di roghi, per illuminarla lungo la notte che precede il grande meriggio. E i roghi nostri saranno spenti soltanto quando l'incendio del sole scoppierà maestoso sul mare. E se quel giorno non dovesse venire, i nostri roghi continueranno a crepitare tragicamente fra la tenebra della notte eterna. Perché noi amiamo tutto ciò che è grande. Siamo gli amanti di ogni miracolo, i fautori d'ogni prodigio, i creatori d'ogni meraviglia! Sì: lo sappiamo!... Vi sono cose grandi nel bene come nel male. Ma noi viviamo al di là del bene e del male, perché tutto ciò che è grande appartiene alla bellezza! Anche il "delitto". Anche la "perversità". Anche il"dolore"! E noi vogliamo essere grandi come il nostro delitto! Per non calunniarlo. Vogliamo essere grandi come la nostra perversità! Per renderla cosciente. Vogliamo essere grandi come il nostro dolore. Per esserne degni. Perché veniamo dall'alto. Dalla casa della Bellezza. Siamo venuti ad accendere sulla terra una selva di roghi per illuminarla lungo la notte che precede il grande meriggio. Fino l'ora in cui l'incendio del sole scoppierà maestoso sul mare. Perché vogliamo celebrare la festa del gran prodigio umano. Vogliamo che l'anima nostra vibri in un nuovo sogno. Vogliamo che da questo tragico vespro sociale il nostro "io" ne esca calmo e fremente di luce universale. Perché siamo i nichilisti dei fantasmi sociali. Perché sentiamo la voce del sangue urlare di sotterra. Prepariamo le paramine e le torce, o giovani minatori. L'abisso ci attende. Precipitiamoci in fondo:
Verso il nulla creatore!

R. Novatore

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