venerdì 8 novembre 2013

PENSIERI DALLA PRIGIONIA ...

Con la destinazione finale i nostri demoni interiori…


Da quasi un anno abitante della terra ghiacciata, adesso il ghiaccio si è diffuso nel mio corpo. Monotoni e ripetitivi gesti quotidiani, paralisi generale. Qui i confini vengono trasformati in porte e mura.
Camminando nel cortile, quaranta passi di lunghezza e trentacinque di larghezza. Poi il muro. Su e giù, su e giù, destra e sinistra, destra e sinistra. Dopo un po’ inizi a memorizzare i dettagli inquietanti del muro che ti impedisce di proseguire oltre i quaranta passi, noti gli scarabocchi che ha, i dislivelli. Credo che ciò abbia senso visto che me li ritrovo numerose volte davanti a me.
L’orologio che nascondo nel mio corpo si è congelato pure. Anche se so che il mio tempo è un conto alla rovescia, sono agitato, i calcoli matematici della mia prigionia mi disgustano. 3/5 per il rilascio, 1/3 della pena per un permesso, e più lavori in carcere più veloce ci arrivi.
Ho sempre odiato la matematica che definisce la mia vita. Se fossi stato predisposto verso di essa probabilmente non avrei scelto una vita come la mia. Una semplice equazione dei burocrati delle logiche rivoluzionarie mi avrebbe convinto. Anarchia + guerriglia urbana = illegalità = morte o galera, mi avrebbero detto cosi e adesso credo che essi abbiano ragione. Gli direi di lasciarmi subito all’istante. La vita umana non si conforma a frazioni ed equazioni. E la passione per la libertà non è inseguita da nessun fantasma di sconfitta. Semplice come le equazioni matematiche di sconfitta che tanto disprezzo.
Ma torniamo all’orologio interiore. Mentre ero in clandestinità esso è stato dall’orologiaio, che lo ha spedito in una clinica psichiatrica. Quando gli ho chiesto perché, mi ha detto che è dove stanno tutti gli orologi interni ai corpi di chi lotta e il cui fato di schiavitù eterna finisce. La diagnosi ufficiale è stata che esso era stato colpito da mani anormali.
Ma esso ha ignorato i comandi e le invocazioni a ritornare alla normalità della promiscuità smussata e chirurgicamente calcolata. Infatti, in una bellissima notte esso andò verso la libertà e fuggì dalla stanza bianca della clinica psichiatrica. E tornò ad appuntamenti cospirativi, dove ognuno di noi aveva preso misure necessarie di precauzione. Una parola onesta, bellissime promesse e una grande decisione.
Mai più schiavi, capi chinati, mai più soli. Per sempre dall’altro lato, per sempre ribelli e sacrileghi, per sempre sul cammino della gente libera.
Per sempre, hai sentito?

Odio chi ha la perversione di richiedere la sottomissione. Per loro le teste chinate e il silenzio sono come un rituale dove il padrone richiede uno schiavo, meritevole di servirlo.
Odio anche la logica degli schiavi che percepiscono la sottomissione come forma di rimedio per la propria sofferenza. So che sono molto pochi quelli che fuggiranno da questo labirinto. Credo che ci siano pagine di storia dove i rivoluzionari cercano vie di fuga, seguendo il filo di Arianna. Ritengo che ciò sia probabilmente inutile visto che chi evade non segue un percorso prestabilito, ma ascolta semplicemente il battito del proprio cuore.

Prendo un respiro profondo per tornare in prigione. Qui il mio orologio si è congelato per bene. Posso dire che è stato totalmente disorientato e i punti di riferimento sono andati persi insieme alla speranza in qualcosa di significativo.
Comunque, ho trovato il modo, anche se temporaneo, di rompere il ghiaccio e ascoltarlo per qualche minuto. E’ il momento in cui vado in cortile e metto gli auricolari per sentire la musica.

Li giace il segreto che mette in moto i miei piani svelati ai miei occhi, immagini, pensieri ed emozioni danzano al ritmo della musica. Mi limiterò a descriverli in una sola parola. Vendetta. So che non potranno tenermi qui per sempre. So anche che molti hanno avuto lo stesso pensiero e poi si sono limitati ad un costante rinvio. Io non mi preoccupo, ogni passo compiuto è un piccolo insulto alle statistiche dei teorici della vita.
Giuro a me stesso che ogni minaccia diventerà azione, la pagheranno, la pagheranno. Per la paranoia organizzata che ci propinano, per ogni giorno di prigionia, per ogni insulto alla nostra individualità, per ogni anno di prigione che ci daranno, per ogni buongiorno che diciamo tramite un fottuto telefono alle persone che amiamo, per ogni buonanotte detta con voce tremante al tramonto tra le montagne, dietro il filo spinato. E quando arriverà il momento io riderò, quando il terrore arriverà senza invito nelle loro case. Riderò e nessuno potrà fermarmi. L’odio dentro di me cresce ogni giorno, diventa un fuoco e si nasconde nelle mie budella. Per un momento sogno di diventare un drago e sedermi sulla vetta della montagna che si vede dal cortile. Poco prima questo mostro irrazionale decide di agire razionalmente, come gli attentatori anarchici che avvertono riguardo all’esplosione della loro rabbia, poi prende solo i propri amici sulle proprie ali e li porta sulla vetta.
- Non perderti questo spettacolo, gli dice.
Subito apre le ali, sorvola la prigione e la inonda di un fuoco sopito per troppo tempo, le sue strutture, i suoi residenti e gli “onesti” lavoratori. Poi ritorna sulla vetta dove ha lasciato i suoi amici e guarda il fuoco che, come un fedele alleato, termina il lavoro.
Al notiziario delle 8 parlano di un tragico incidente e di cieca violenza.
Tutti si affrettano a dare la condanna più dura.
Ma ci sono eccezioni. Ci sono quelli che hanno sentito il ruggito di una morte lenta sotto la pelle, l’oppressione dei sentimenti umani, l’incubo di una prigionia prolungata che li accompagnerà ogni giorno. E quelli che si svegliano con un gran sorriso. E da ogni angolo della terra migliaia di voci ripetono simultaneamente
FUOCO ALLE PRIGIONI
“Se fossi vento diventerei tempesta, se fossi fuoco brucerei il mondo, e se fossi acqua diventerei un torrente in piena che lo inonda, se fossi dio lo rispedirei all’inferno, se fossi cristo decapiterei tutti i cristiani, se fossi un sentimento riempirei la gente di rabbia, se fossi una pistola andrei contro i miei nemici, se fossi un sogno diventerei un incubo, se fossi una speranza brucerei nelle anime degli insorti come una barricata in fiamme.”

Ora e sempre!
Attacco alla macchina sociale!
Lunga vita all’Anarchia!

Nikos Romanos

Prigione di Avlona, Novembre 2013

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